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Centro Studi Piero Camporesi: esplorare le regioni mentali e materiali del vivere quotidiano
Tra i docenti del corso "Camminare le vigne" è Alberto Natale, membro del Comitato scientifico del Centro Studi Camporesi, all'Università di Bologna.
Il Centro Studi Piero Camporesi fa parte del Dipartimento di Filologia classica e Italianistica dell'Università di Bologna.
In quel Dipartimento è anche conservata quella che è stata la straordinaria Biblioteca dello studioso.
Il Centro Studi è dedicato allo studioso e letterato Piero Camporesi, è volto a ridare vita e ad approfondire i percorsi cari allo studioso, sviluppati nelle sezioni di approfondimento della rivista DNA Camporesi.
Saggi, ipertesti, interviste, studi iconografici e cinematografici: sono le diverse prospettive attraverso le quali il Centro Studi Camporesi si propone di guardare il complesso mondo delle scienze umane.
Il Centro è diretto dal professor Bruno Capaci.
Abbiamo incontrato il professor Alberto Natale, che è parte del Comitato scientifico del Centro Studi . Natale è anche tra i docenti del Corso "Camminare le vigne".
Professor Natale, quali affinità e vicinanza tra il Centro Studi Camporesi e l’Alta Scuola Veronelli?
A prescindere dal fatto che Piero Camporesi e Luigi Veronelli fossero coetanei (nati nello stesso anno e nello stesso mese), il comune e profondo interesse per la cultura materiale e per la civiltà contadina pone i due studiosi sullo stesso piano di ricerca, proposto naturalmente all’interno delle rispettive e diverse peculiarità con cui studiavano le basi culturali dell’esistenza quotidiana degli uomini. Il Centro Studi Camporesi e l’Alta Scuola Veronelli sono pertanto destinati a muoversi, inevitabilmente, lungo i percorsi già tracciati dai loro mentori, per continuare a esplorare le regioni mentali e materiali del vivere quotidiano. È evidente che tali affinità richiedano un’indagine aperta a contributi plurali nei campi delle discipline umanistiche e scientifiche, confermando in tal senso il metodo di indagine che caratterizzava la ricerca di Piero Camporesi e l’analisi di Luigi Veronelli.
Alberto Natale è tra i docenti dell’Alta Scuola. Qual è il suo personale giudizio sul percorso culturale proposto dall’Alta Scuola Veronelli?
Si tratta sicuramente di un percorso a me congeniale, in quanto del tutto in linea con i fondamenti del mio modo di studiare le relazioni culturali tra gli uomini e gli atti alimentari nella lunga durata della civiltà umana. La terra e la tavola sono luoghi e snodi fondamentali del sapere storico e sociale e ripercorrerli significa avvicinarsi - forse più che con altri percorsi - all’essenza e alla centralità dell’esperienza umana nel suo complesso.
La cultura ha una relazione diretta con i prodotti della terra, il vino e tutti quelli che Luigi Veronelli chiamava “giacimenti gastronomici”?
Non c’è alcun dubbio in proposito. Il verbo latino ‘coleo’ - coltivare - è la base etimologica, allo stesso tempo, di ‘coltura’ e di ‘cultura’ (e anche di ‘culto’, a testimoniare che anche le religioni, secondo lo storico Harari, discendono da un “patto agrario” tra gli uomini e gli dei). L’uomo, del resto, ha trasformato la natura in cultura (nel bene e nel male) già a partire dai comportamenti agricoli del creare un campo e poi coltivarlo; ogni atto in tal senso ha un profondo connotato culturale. Ma anche la vita pre-agricola delle origini richiedeva cultura e conoscenza: occorreva discriminare il commestibile dall’inutile o nocivo, inventare strategie di caccia e di raccolta, conoscere il territorio, studiare piani alternativi nel venir meno delle risorse alimentari disponibili. In sostanza: la relazione tra l’uomo e il suo nutrimento è sempre stata culturale, così come è tipicamente culturale la ricerca del gusto e la deliberata ricerca delle trasformazioni degli alimenti, compresa naturalmente il gusto per l’inebriante, tipico della cultura delle fermentazioni e, di conseguenza, del vino.